Magia e amore, due concetti da sempre legati

Come si può descrivere l’amore se non come una magia, un incantesimo? Quando si pensa a una passione travolgente, un amore che sfida età, distanze, malattie, non si immagina sicuramente un sentimento razionale, un’equilibrata e ponderata scelta del proprio partner. Oltretutto Hollywood ci ha ben istruiti all’idea di non avere alcun potere quando si parla di amore: esiste il colpo di fulmine, è possibile innamorarsi improvvisamente del peggior nemico o del migliore amico, del marito dell’amica o della figlia di un amico di famiglia. Tutto insomma porta a pensare a un sentimento ingovernabile, imprevedibile, un ambito in cui, se la ferrea logica non può niente, non rimane che appellarsi alla magia.

Già dall’antichità infatti il sentimento amoroso è indissolubilmente legato all’ambito magico: pozioni, stregonerie, strani amuleti erano ideati per distruggere o far nascere una passione. Amore e magia erano entrambi regni dalla donna, la cui femminilità era sinonimo di potenza irrazionale, misteriosa per l’uomo. Con la magia reagiscono infatti le grandi protagoniste della grecità a un amore: sia che lo vogliano trattenere, come Circe, sia che cerchino tragicamente di proteggerlo, come Deianira, sia che, come Medea, per la rabbia di un amore finito, trovino il modo più crudele di distruggere l’amato. In Saffo, nei carmi di Teocrito, nei Dialoghi delle meretrici di Luciano, ovunque l’abbandono da parte dell’amato, è legato a doppio filo a filtri magici e rituali utilizzati nel tentativo di riconquistarlo. Spesso l’indugio degli autori è sul rito di preparazione: zolfo, fuoco, strane cantilene di parole straniere, preghiere alla Luna e a Ecate infera. Sono sempre le donne, in particolare le donne della Tessaglia, a essere esperte di intrugli e formule magiche per incantare la persona amata. D’altronde, nella simbologia, la donna è legata all’idea di procreazione, di fertilità, ai cicli lunari e anche alle potenze più oscure della vita.

Nel Medioevo, poi, il fascino del meraviglioso suscitò una fortissima attrazione, sia che si trattasse di pseudo-scienza, come l’alchimia, sia che si parlasse di veri riti magici. Il favoloso impera ancora nella produzione letteraria rinascimentale: le vicende amorose che si intrecciano indistricabili nell’Orlando Furioso sono intrise di magia, i drammi di Shakespeare portano in scena amori tormentati e sospesi al di sopra della realtà, una commedia di Machiavellli, la Mandragola, gioca su una presunta pozione afrodisiaca per costruire una trama di rapporti adulterini. Quest’idea del filtro d’amore come imbroglio ai danni dell’ingenuità degli innamorati è un filone ricco e frequentemente utilizzato, si pensi solo all’Elisir d’amore di Donizetti, dove una bottiglia di vino, spacciata per filtro d’amore, ottiene comunque, alla fine dell’intricata vicenda, l’effetto desiderato.

Questa breve panoramica non lascia spazio a dubbi, la magia e l’amore non possono quasi essere divisi, il loro connubio trova un suo posto in ogni epoca e regione del mondo. Ma questo d’altra parte, se ci si riflette un poco, non è per nulla straordinario. Come possono infatti due degli elementi più inspiegabili e sconvolgenti che accadono all’uomo non essere fortemente legati tra loro? Le antiche civiltà trovavano nella magia la soluzione di domande esistenziali sulla vita, la morte, l’amore, la natura, ma la nostra epoca, l’età della razionalità e della scienza, non manca di guardare ancora al fantastico come a un regno in cui si può agire al di là della stringente realtà. Nelle commedie d’amore moderne si trovano amori che sfidano il tempo e lo spazio o varchi temporali e macchine del tempo usati per riuscire nell’impresa di conquistare l’amata. Insomma, pare evidente che l’amore, così come la magia e la fantasia, non possono sottostare alle spiegazioni del reale né sopportano di essere ridotte alle regole della chimica e della fisica.